09/10/09

I was made to love magic - Nick Drake

I was born to love no one
No one to love me
Only the wind in the long green grass
The frost in a broken tree.

I was made to love magic
All its wonder to know
But you all lost that magic
Many many years ago.

I was born to use my eyes
Dream with the sun and the skies
To float away in a lifelong song
In the mist where melody flies.

I was made to love magic...

I was born to sail away
Into a land of forever
Not to be tied to an old stone grave
In your land of never.

I was made to love magic...

20/09/09

KM E DOLORI

(P. Magoni/F.Spinetti)

In tutti questi anni ho eluso le certezze,
Cibandomi soltanto di gioie e amarezze.

E tutti i tentativi di aprire nuove porte,
Sono stati positivi anche se non si sono
Aperte.

Lo so che non è facile uscirne con coraggio,
In fondo resto fragile in questo mio viaggio
Che affronto a testa alta,
Che affronto un po’ di fuori,
Sapendo che mi aspettano chilometri
E dolori.

E attingo a mani basse con le orecchie tese,
Pagando le mie tasse e le mie spese.

Eppure certe notti aspetto rannicchiata,
Che il carro presto trotti e arrivi la giornata.
Ma io continuo a esistere e tu non puoi negarmi,
Di avermi visto piangere e aiutato ad asciugarmi.

Tu hai visto cadere la mia realtà virtuale,
E piano piano insieme costruire
Qualcosa di reale.

Tu mi hai visto cadere,
E aiutato a rialzarmi
In tutte quelle sere che abbiamo fatto tardi.

Le sere da ubriachi,
Le notti in cui ti penti,
A letto coi vestiti e piano ti addormenti.

Riuscirò a capirti un giorno o forse mai,
Spero di non tradirti in quello che mi dai.

La vita è così fragile può andare in un momento,
Come una foglia labile in un alito di vento.

Giochiamo a nascondino
Coi dubbi e le amnistie
Col fiato tuo vicino
E le tue labbra sulle mie

02/09/09

La realtà

Il mio rapporto con la realtà si sta facendo complesso. Non lo so, è come una storia d'amore che non riesce a carburare. E' una sensazione frustrante che prende la bocca dello stomaco. Pensando alla realtà mi ero annotata una cosa:

Ti sento più vicina quando non sono io e questo mi lacera. Ti vorrei qui vicina a me, ma tu non vuoi me. Vedi solo una vaga immagine, sorridente.
Mi penso debole, mi sento debole e divento forte. Forte per capire che non sei nulla. Forte per perdermi nella comprensione di cosa sei tu e di cosa sono io e di quanto siamo due cose disgiunte. Ed è lì che tu mi rincorri e mostri di essere una parte di me, di noi. Questo gioco mi lacera, tu mi distruggi. Ma se non mi rincorri, muoio.

19/08/09

Requiem for a friend



Intro: E

E Abm A
V1: Of all the people in the world
Abm A
That I know, your the best
Abm
Place to go
A B E
When I cry, when I cry

E Abm A
V2: I've never asked for much before
Abm A
Not before, Things have changed,
Abm
I need more
A B E
Tell me why Judy why

Bridge: E D F# G

E Abm
V3: I never thought that she would
A
say,
Abm A
Say goodbye, but she did and
Abm
now I,
A B E
Want to die, I want to die

E Abm
V4: I never thought that I would
A
need,
Abm A
Need a friend, but I did in
Abm
the end,
A B E
Tell me why Judy why

Dbm Abm
Chorus: Ohh what a scene, its
D Dsus
wrong for her to hang me
D Am
up this way. Ohhh where
Am7 G
you been, cause its so

hard to make it through
B-B7-B/E-B
the day

E Abm A
V5: A man my age is very young, so
Abm A Abm
I'm told, why do I feel so old
A B E
tell me why Judy why

Bridge

V6: Solo
E-Abm-A-Abm-A-Abm-A-B-E

Chorus

E Abm
V7: There's no tomorrow cause my
A Abm
dreams did not last, now I
A Abm
live in the past
A B E
tell me why Judy why
A B E
tell me why Judy why
A B E
tell me why Judy why

10/08/09

Appunti e spunti

L’idea di questo genere di post mi è venuta parlando con la Gaia, sono tutta una serie di spunti di riflessione sulla realtà contemporanea che ci circonda. Riflessioni per un futuro progetto pensato in una sera sbronze alle colonne.

Dal Mito di Sisifo di Camus

Le muraglie assurde

«Tutte le grandi azioni e tutti i grandi pensieri hanno un inizio di poco peso. Le grandi opere nascono spesso alla svolta di una strada e alla bussola di una trattoria. Così è l’assurdo.
Il mondo assurdo, più di qualsiasi altro, fa risalire la propria nobiltà a quella misera nascita. In alcune situazioni, il rispondere: “niente” ad una donna circa la natura dei propri pensieri, può essere, nell’uomo, una finta. Lo sanno bene le persone amate. Ma se questa risposta è sincera, se rappresenta quel particolare stato d’animo in cui il vuoto diviene eloquente, in cui la catena dei gesti quotidiani viene interrotta e il cuore cerca invano l’anello che la ricongiunga, è allora come il primo segno dell’assurdo.
(…)
Soltanto, un giorno, sorge il “perché” e tutto comincia in una stanchezza colorata di stupore. “Comincia”, questo è importante. La stanchezza sta al termine degli atti di una vita automatica, ma inaugura al tempo stesso il movimento della coscienza, lo desta e provoca il seguito, che consiste nel ritorno incosciente alla catena o nel risveglio definitivo.
Dopo il risveglio viene, col tempo, la conseguenza: suicidio o ristabilimento.
In sé, la stanchezza ha qualche cosa di disgustoso, ma in questo caso, è vantaggiosa. Infatti, tutto inizia per mezzo della coscienza e nulla ha valore senza di questa.»

Il ruolo dell’arte è mostrare l’assurdo, produrre l’evento insignificante che porta alla risposta niente e alla domanda perché. Per destare la coscienza dell’osservatore l’opera d’arte dovrebbe essere di facile accesso, semplice e addirittura banale. L’opera non dovrebbe essere citazionistica, non deve prevedere uno studio o un sapere di qualche tipo per essere apprezzata, né dovrebbe spingere verso un sapere o uno studio.
Dovrebbe perpetuare un viaggio ripetitivo nella banalità, lasciando allo spettatore la possibilità di assopirsi definitivamente o di risvegliarsi come reazione naturale ad una saturazione, facendo traboccare il malessere interiore.
Il tempo è la dimensione fondamentale, il tempo e la morte. Qui risiede l’insolvibile ossimoro della nostra esistenza: la nostra costante ribellione al passare del tempo e all’avvicinarsi della morte.

«Viviamo facendo assegnamento sull’avvenire: “domani”, “più tardi”, “quando avrai una posizione”, “con l’età comprenderai”. Queste incoerenze sono straordinarie, dato che, alla fine dei conti, si tratta di morire.»

L’opera non dovrebbe puntare ad un’eternità, ad una procrastinazione del suo essere. L’arte dovrebbe essere una rivolta del qui ed ora al rapporto con il tempo. Il compito dell’artista dovrebbe essere quello di travisare l’abitudine, trasformare i gesti a noi tanto cari perché conosciuti e ripetuti giornalmente in qualcosa di sconosciuto attraverso la ripetizione e la riproduzione.
Si tratta di un’arte totale che coinvolge la vita a 360° gradi. Solo la messa in mostra di una quotidianità può influenzarne un’altra. L’esempio e l’assimilazione sono il primo metodo di scambio e d’insegnamento.

Il punto focale è mettere in mostra come nessuna morale, nessuno sforzo sono giustificabili a priori in nome di un qualcosa che avverrà, è stupido di fronte alla «sanguinante matematica» che regola la nostra esistenza. Ciò che l’arte dovrebbe fare è metterci nella condizione di accettazione della fine. L’unica soluzione che il nostro corpo conosce nel futuro è la morte.
Appare quindi paradossistica un’arte votata alla trasmissione e all’eternità. La perpetuazione di una discussione fatica attraverso l’arte non può che portare alla nausea e non a una situazione di decisione tra l’anestesia e il risveglio.

L’opera deve portare il suo osservatore alla stanchezza, indurlo a ripetere gesti meccanici finché non si arrivi al punto in cui la stanchezza porti alla coscienza. L’arte dovrebbe essere fisica, oltre che visiva. L’importante è mostrare le connessioni assurde, non indagare le risposte o le loro conseguenze. Come in letteratura, l’artista deve costruire delle realtà verosimili, ma deve lasciare dei vuoti che il lettore può riempire come gli pare più opportuno.
Le mostre non dovrebbero essere dei percorsi guidati verso nuove soluzioni, ma solamente una ripresa della banalità che metta in risalto l’impossibilità di un’affermazione a priori, di un metodo programmatico. L’unico scopo è la stanchezza di gesti ripetitivi e inconsapevoli. Bisogna evidenziare la lapalissiana esigenza di familiarità che ci spinge a pensare e a creare teorie, movimenti e rivolte. Non sono altro che un modo per raggiungere l’unità e dare spazio alla voglia di assoluto. Ecco il teatro dell’assurdo umano.
Questo bisogno esiste, ma non è detto che debba essere colmato.

«Questa nostalgia di unità, questa brama di assoluto spiega lo svolgimento del dramma umano nella sua essenza. Ma l’essere questa nostalgia una realtà di fatto, non implica che essa debba venire immediatamente appagata, in quanto se, superando l’abisso che separa il desiderio dalla conquista, asseriamo con Parmenide la realtà dell’Uno (qualunque esso sia), cadiamo nella ridicola contraddizione di uno spirito che afferma l’unità totale e priva, con la sua stessa affermazione, la differenza e la distinzione che prevedeva di risolvere. Questo circolo vizioso è sufficiente per soffocare le nostre speranze.»

Ed è proprio questo il circolo in cui si vede rinchiusa gran parte dell’arte contemporanea, specie quella di chi la produce volendo provocare un cambiamento futuro o cercando solamente un benessere estetico.
L’annientamento della speranza deriva principalmente dalle azioni dei suoi più strenui sostenitori, come i rivoluzionari o gli esteti.
Per questo l’arte non dovrebbe essere rivoluzionaria o bella (nel senso greco del termine). L’arte rivoluzionaria e l’arte bella ci portano inevitabilmente al divorzio con le nostre creazioni, a quel senso di vuoto che segue l’euforia iniziale. Il problema di questo genere di artisti sta nel rapporto fra ciò che immaginano di sapere e ciò che realmente sanno, fra il consenso pratico e l’ignoranza simulata. Se provassero veramente questo genere di dicotomie, sconvolgerebbero totalmente tutta la loro e la nostra esistenza portando all’unità e alla nostalgia; ma, al primo movimento della coscienza, queste costruzioni saranno rovinate e distrutte riportandoci verso una disperata ricerca di pace.
La storia del pensiero umano è la storia dei suoi pentimenti. Bisogna accettare i limiti della nostra conoscenza.
Noi saremo sempre esterni a noi stessi. L’unico pensiero reale è quello ingiusto.
L’opera d’arte dovrebbe essere un divorzio tra diverse realtà, non è nella realizzazione in sé, ma nel confronto con lo spettatore. L’opera deve esistere nell’intercapedine tra l’uomo e la realtà mostrata dall’artefatto. La mancanza di uno dei due è la distruzione dell’opera.